Il mio è stato un percorso articolato e complesso tra vari cicli caratterizzati dall’uso di materiali diversi ma con dei punti di riferimento precisi: il corpo e la parola.
Il mio lavoro è sempre stato sull’inconsistenza della parola, sulla ibridazione, sul non senso, e ha preso varie forme parlando sia del corpo che appunto della parola.
Questo è avvenuto in vari progetti di grandi dimensioni: sia nel
Distopicus Garden sia nella Setta delle S’arte così come negli Oracoli Corporali dove sempre il discorso era sulla parola ibrida e sul Non senso.
Al corpo è strettamente legato il discorso sul Vestito che può assumere varie valenze. In uno dei miei primissimi progetti, Vestiti, viene indagato il vestito come costume rituale del performer. In questo caso c’è la scomparsa del corpo dell’artista e la sopravvivenza dell’indumento, presentato sia nella sua funzione primaria legato alla quotidianità sia come oggetto sacro nel campo dell’arte.